Il ritorno dei turisti stranieri, nuove generazioni che si affacciano al mondo del vino sono i presupposti del decollo della nuova stagione enoturistica nel panorama italiano. Di grande spessore è il fatto che il vino, rispetto ad altri prodotti, presenta un alto tasso di conversione alla vendita. Questo si traduce in ottime opportunità di indotto contestuali alla fase di degustazione in cantina. Dietro ad ogni singolo consumatore si nasconde, infatti, un mare di possibilità. Ed è proprio tale frangente a delineare la base del D2C: il rapporto diretto tra cantina e consumatore, senza alcun tipo di intermediazione; presupposto base per la conversione in vendita e per il mantenimento della fiducia in un secondo momento.
Il direct-to-consumer è un approccio di vendita molto redditizio per le singole realtà vitivinicole, ma spesso non viene sfruttato al meglio. Negli Stati Uniti il valore del D2C è in costante crescita e rappresenta circa il 66% del totale delle vendite. In Italia stiamo assistendo ad un buon trend di crescita, a partire dall’ultimo ventennio, ma ancora molte cantine non si sono dotate dei giusti strumenti per gestirlo. Scarsi investimenti, bassa propensione alla digitalizzazione e inefficace comunicazione sono solo alcuni dei fattori che rallentano il processo. Ma di certo non possiamo dire che il D2C sia un tipo di rapporto nuovo o innovativo perché si sa essere vecchio come il mondo; sono solo cambiate alcune modalità di applicazione…
Oltre a ciò, la traduzione dell’esperienza in cantina in vendita non è di certo semplice né automatica. Maggiore attenzione e sensibilità verso le tematiche appena viste renderebbero più consistenti non solo le vendite dirette in cantina e la battitura dello scontrino medio, ma anche la reiterazione degli acquisti online nei differenti canali utilizzati.
La storia è questa…se al cliente piace il vino della cantina in cui l’ha assaggiato direttamente o acquistato online di certo non avrà problemi a ripetere l’ordine.
Inoltre, alcune realtà vitivinicole, non sapendo come gestire certi tipi di richiesta, come quella della spedizione al privato all’estero, si ritrovano a perdere una fetta di clienti davvero importante e così limitano il loro potenziale indotto.
« Pensiamo alla situazione classica in cui il turista, a seguito della degustazione acquista solo una o due bottiglie. In questo caso, il cliente, non potendo ordinare una maggiore quantità di bottiglie si rivolgerà verso altre cantine con un acquisto dispersivo senza cogliere invece l'opportunità di trasformarlo in un consumatore abituale »
Il punto è questo, non si tratta semplicemente di negare la possibilità di vendere e spedire del vino all’estero, ma anche di privare la cantina stessa di un possibile cliente fidelizzato per il futuro. Estrarre tutto il valore relativo alla soddisfazione del cliente in cantina e poi continuare anche con un supporto alla reiterazione degli acquisti online, emergono allora in tutta la loro predominanza come tematiche che meritano attenzione.
La pandemia non solo ha cambiato le abitudini dei consumatori ma ha definito nuovi orizzonti anche per l’Ho.Re.Ca causando così uno slittamento verso la rivalutazione dell’approccio D2C. Diventa quindi fondamentale dotarsi di tutti gli strumenti per gestire esigenze nuove e diverse, questioni burocratiche e normative, sia dal punto vendita della cantina che sul versante online. In sintesi, la tematica di riuscire a vendere e spedire a casa del cliente con le corrette procedure su accise, dazi e iva risulta quindi obiettivo da perseguire di cruciale importanza e stimolo.